La Grecia entro poche settimane dovrà decidere se piegarsi
nuovamente ai diktat della BCE e della Commissione UE – sotto l'attenta regia della Germania – o uscire dall’euro.
La Grecia, su pressioni della Troika, aveva già ristrutturato
il proprio debito. Ma ora è evidente che non è servito a nulla.
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Ringrazio Zoe Keller per la segnalazione via twitter |
Le frasi evidenziate affermano in maniera chiara ed
esplicita che il governo greco ha
raggiunto un accordo con le autorità UE (che includono la Commissione Europea e
la BCE) e il FMI che peggiorerà gli attuali problemi economici (…). In meno di tre anni, e probabilmente anche prima, la Grecia dovrà
affrontare la stessa crisi che affronta oggi. (…) Il popolo greco andrà
incontro a molte sofferenze, la loro economia crollerà, il debito crescerà e
alla fine si ritroveranno molto probabilmente con lo stesso problema di
riscadenzare il debito, ristrutturarlo o andare in default – e/o lasciare l’euro.
(…) La “svalutazione interna” – in cui la disoccupazione viene portata a
livelli elevati per facilitare il taglio dei salari e dei prezzi, mantenendo il tasso di cambio
nominale fisso – è non solo ingiusta, ma inattuabile.
Si potrebbe pensare che questo doloroso processo sia necessario per ripagare i creditori.
Ma chi erano i creditori? Lo dice un grafico della BRI che
ho messo nel post del 9 giugno 2013: Francia e Germania.
Ma quel post riportava anche la traduzione di un articolo
del WSJ in cui si riferiva che, in un report riservato del FMI, l’accordo tra il
governo greco e la troika doveva servire soprattutto per dare il tempo alle banche
francesi e tedesche di recuperare i capitali investiti in Grecia.
Gli “aiuti” ricevuti dal paese ellenico non sono stati
altro che nuovi debiti con cui ripagare i vecchi creditori (inclusi gli interessi).
Dei soldi ricevuti solo l’11% è stato utilizzato dal governo greco per esercitare
le sue funzioni. Se si tiene conto dei fondi destinati a ricapitalizzare le
banche elleniche (19%), solo il 30% ha finanziato l’economia greca.
Il resto, il
70%, come è entrato, così è uscito.
Il debito pubblico greco ammonta
a 323 miliardi di euro, pari al 177% del Pil. Di questi, il 15%
è detenuto dal settore privato, il 10% dal Fondo monetario internazionale
e il 6% dalla Bce. Il grosso del debito – il 60% del totale, pari
a 195 miliardi di euro – è in mano agli altri governi dell’eurozona.
Di questi 195 miliardi, 142 miliardi sono arrivati alla Grecia attraverso
l’Efsf, il Fondo europeo di stabilità finanziaria (più comunemente noto
come «Fondo salva-stati»); 53 miliardi sono invece il frutto di prestiti bilaterali
ricevuti dagli altri stati membri. I paesi più esposti al debito greco
sono la Germania (56 miliardi), la Francia (42 miliardi), l’Italia (37
miliardi), la Spagna (24 miliardi) e l’Olanda (11 miliardi).
Se la preoccupazione fosse
quella di rimborsare i creditori, oggi come allora, vi sarebbe un modo molto
semplice per risolvere la questione: la BCE si porrebbe come garante. L’esborso
complessivo – qualora dovesse intervenire su tutto il debito pubblico greco –
sarebbe comunque nettamente inferiore agli oltre mille miliardi che metterà in
campo dal prossimo marzo al
settembre 2016 mediante il c.d. quantitative
easing. E sarebbe molto più efficace.
Se non lo si fa, non è per
una fantomatica questione morale, secondo cui il debitore deve pagare - sempre e
comunque - il creditore (i precetti cristiani dicono in verità un’altra cosa,
provate a recitare il Padre Nostro),
né per rigidi e severi principi economici (non esistono pasti gratis): il danno di un mancato pagamento per la Germania e la Francia sarebbe pari al 2% del pil e al 2,3 per l’Italia. Se non lo si fa, è perché si vuole che
sia compresso il ruolo del settore pubblico (tanto in Grecia, quanto in Italia, in Spagna,
Portogallo, Irlanda e, se fosse il caso, anche in Francia).
I creditori possono esser pagati oggi come lo potevano nel 2010. Ma l’odio per l’intervento
dello Stato in economia condiziona "gli aiuti" all'attuazione delle "riforme strutturali": la BCE paga i tuoi creditori solo se tu Stato ti ritiri dall'economia, solo se vengono tagliati gli stipendi e i servizi
pubblici (e se questi non possono essere tagliati, se vengono privatizzati). Queste
sono “le riforme” che vengono imposte, non la lotta agli sprechi o la
corruzione.
Non si combatte la
corruzione tagliando del 25% le retribuzioni, né si riducono le inefficienze del
settore pubblico aumentando l’iva o le accise. Ma queste sono le misure che sono
state introdotte dalla troika in Grecia (e per interposti governi in Italia e negli altri paesi coinvolti dalla crisi) ed
hanno come un unico scopo quello di cancellare l’idea che lo Stato possa essere utile per
sostenere l’economia e il benessere dei cittadini.